Sogno.

Breve racconto tratto da un sogno che ho fatto.

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  1. Emily.
     
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    Corro. Perché lo sto facendo? Mi piace correre. No, sicuramente no. Mi sfugge qualcosa. Le mie gambe continuano a muoversi. Destra, sinistra, destra, sinistra, sempre più velocemente. Un po’ come quelle bambole a carica, che, appena giri la chiavetta dorata, iniziano a zampettare più velocemente che possono.
    Ah, già, ora ricordo. Corro perché qualcuno mi insegue. Ne sento i passi dietro di me, l’ansimare veloce, persino l’acre sudore che emanano i suoi pori. Non ho intenzione di fermarmi. Forse sono in pericolo.
    Sento i teneri rami bassi, vicino al suolo, che mi graffiano dolcemente le gambe. Sangue, sento anche quello. Un odore ferroso, quasi dolce. Ripugnante.
    La mia veste rimane impigliata in qualcosa e io inizio a tirare disperatamente. Devo allontanarmi da quel luogo, da chi mi sta inseguendo così ferocemente. La veste si strappa. Sento il lacero rumore arrivare alle mie orecchie come un’unghia sulla lavagna. Vedo un brandello di cotone bianco rimanere impigliato tra le foglie di un roseto. Come sono riuscita a passare di lì senza farmi del male?
    Il sangue. Ah, già.
    Non sento male alle gambe e mi chiedo se dipenda dalla forte scarica di adrenalina che ha invaso il mio corpo. Sento tutto così bene, eppure non sento il dolore. So che il mio inseguitore è pochi passi dietro di me, ma non so esattamente quante ferite mi sono procurata.
    Il bosco sembra infinito, ma io non sono stanca. E’ l’adrenalina, sono sicura. I miei grandi occhi si fanno strada nell’oscurità del bosco, cercando di intravedere uno sprazzo di luce. Nemmeno l’ombra di un raggio di sole, eppure sono sicura che sia mattina.
    Le mie gambe non si fermano. Sono decise a portarmi il più lontano possibile dal pericolo. Si chiama istinto di sopravvivenza e io so di esserne ben fornita. Sono una predatrice, ma so quando battere in ritirata di fronte ad un predatore più grosso di me. Per questo so correre così velocemente.
    Passo vicino a un tutto che sembra una macchia informe. Non distinguo i contorni, ogni tanto i colori.
    Quando i miei piedi iniziano a cedere, intravedo un cespuglio, quasi fosse al limitare di qualcosa. Mi ci butto dentro, pur sapendo che al di là potrebbe esserci una rupe o una dura roccia. Mi butto con tutta la forza che ho in corpo. Non temo, perché so che qualunque cosa ci sia, sarà meglio di ciò che mi attenderebbe se il mio inseguitore mi prendesse.
    Al di là della siepe, però, non c’è nessun dirupo, nessuno squarcio di terra. Davanti a me una piccola radura verde si allarga a formare un quadrato. La luna in cielo illumina una grande chiesa. Mi ero sbagliata. Non riesco ad immaginare come, una chiesa così bella e fastosa, possa trovarsi nel mezzo del niente. Tuttavia non mi soffermo su quel particolare, corro disperatamente verso la struttura.
    Un grande rosone di vetro colorato brilla alla luce della notte e catapulta tutto in un’atmosfera magica. Non mi sembra di essere in una chiesa di bigotti cattolici, quanto più nel regno delle fate.
    La struttura è del periodo tardo-gotico, o almeno così mi sembra. Non mi dice tuttavia niente sul periodo in cui siamo e io proprio non riesco a ricordare.
    Mi precipito verso un grande portone di legno scuro e spingo con tutte le mie forze. Per mia fortuna è aperto, così posso correre dentro.
    Non mi faccio il segno della croce, perché quelli come me non ne hanno certo bisogno. Siamo fregati in un modo o nell’altro. Mentre medito sul significato di quella frase, quasi non mi appartenesse, un uomo mi scruta dall’altare. Mi trovo esattamente al centro della navata centrale e probabilmente ho un’aria spaesata.
    “Che cosa ci fai qui?”, mi chiede l’uomo con ostilità. La sua voce è roca, appesantita dal catarro e dall’accento strascicato. Rimango ferma immobile senza rispondere.
    “Vattene!”, urla di nuovo. Non ho intenzione di andarmene, perché altrimenti il mio inseguitore potrebbe trovarmi. Voglio restare lì, nella chiesa.
    L’uomo ripete il suo grido e io lo ignoro. Viene verso di me minacciosamente. Solo in quel momento noto che porta un saio. La veste da monaco. Forse questa è la sua chiesa e io mi sono intromessa senza nemmeno farmi il segno della croce. Ci sto pensando, ma per me quel segno non rappresenta niente.
    Inizio ad indietreggiare quando l’uomo è a pochi passi da me, ma poi penso “è un uomo di chiesa, non può farti del male”.
    Invece l’uomo mi prende per i lunghi capelli biondi e inizia a strattonarmi a destra e a sinistra. Io urlo, perché ormai non ho più paura del mio inseguitore. Ora c’è una minaccia più imminente ed è l’uomo con il saio.
    Inizio a graffiare la sua mano come se fosse uno di quei giocattoli per gatti, fatto apposta per essere maltrattato. Lui non molla, cerca di tenermi ferma, ma io resisto. Non dico una parola, semplicemente urlo, scalcio, mi divincolo.
    Svengo.
     
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  2. Giuliana.
     
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    Però che sogni cara ^^'
    Sposto la discussione in 'interpretazione sogni'..
     
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  3. Valerie~
     
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    Che sogno avvincente! xD Sai a volte anche io faccio sogni simili, ma immagino solo di correre a perdifiato per sfuggire a dei pericoli, invece questo era molto articolato, a me è piaciuto tanto! ^_^
     
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2 replies since 4/6/2012, 23:35   67 views
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